Nel 1981 il virus fu descritto per la prima volta in giovani adulti precedentemente sani. Nel 1983-1984 fu identificato e descritto come agente causale un retrovirus, il virus dell’immunodeficienza umana, definito così perché colpisce il sistema immunitario del soggetto, minandolo a tal punto da renderlo facile bersaglio per le infezioni opportunistiche. Infatti si parla di infezione da HIV, quando si verifica il contagio, mentre si parlerà di AIDS quando nel soggetto ospite sopraggiungono le infezioni opportunistiche. L’AIDS è stato segnalato in tutto il mondo ma l’Africa, l’Europa Occidentale e il Sud America presentano le incidenze più elevate. A differenza che negli Stati Uniti, in Africa le donne rappresentano la metà dei casi. Si stima che vi siano da 5 a 10 milioni di portatori con un aumento caratterizzato da una curva esponenziale. In Italia i primi casi di AIDS iniziarono ad essere osservati nel 1982, quando era passato poco più di un anno dalla segnalazione di alcuni episodi epidemici di Sarcoma di Kaposi e polmonite da Pneumocistis Carinii. Si trattava di sporadiche segnalazioni di pazienti, per lo più omosessuali maschi, che avevano soggiornato in altri Paesi, dove, probabilmente, avevano contratto l’infezione. In totale, nel nostro Paese, alla fine del primo semestre del 1984 non si contavano più di 10 casi di AIDS. Nel secondo semestre dello stesso anno si ebbe notizia del primo caso diagnosticato in un tossicodipendente di Milano: è questa la data che segnava il vero inizio dell’epidemia di AIDS in Italia, ovvero lo svelarsi di una drammatica realtà con la quale, senza saperlo, si conviveva già da alcuni anni. Negli ultimi anni l’AIDS è diventata un’importante causa di morte fra i giovani adulti, specie per i maschi di età compresa tra i 25 e i 29 anni. In Italia la raccolta dei dati sui casi di AIDS è iniziata nel 1982. A partire dal 1987 la notifica dei casi di AIDS è divenuta obbligatoria e la malattia rientra ora nell’ambito delle patologie infettive di Classe III, ovvero a notifica speciale.