Giornata Aids, metà degli immigrati ignora differenza con Hiv
Si può prevenire la diffusione dell’Aids e delle altre malattie infettive tra gli immigrati, popolazione a rischio elevato di contagio, attraverso l’azione di mediatori culturali con competenze specifiche. Lo dimostrano i risultati del “Progetto Mediterraneo: cultural assistant counselor e Hbv, Hcv, Hiv”, resi noti in occasione della Giornata mondiale della lotta all’Aids, che ricorre l’1 dicembre.
Il progetto, realizzato dall’Associazione Terra Amica con il sostegno di Gilead, attualmente in corso a Catania e nelle province di Enna e Siracusa nella sua seconda annualità, ha consentito di somministrare un questionario su conoscenza e percezione dell’Aids a 588 immigrati di varie nazionalità (prevalentemente: senegalese 18%, nigeriana 12%, gambiana 10%, maliana 10%, pakistana 6%, tunisina 5%). Dai risultati è emerso, tra l’altro, che quasi la metà degli immigrati che hanno risposto non conosce la differenza tra HIV e AIDS, il 50% non ha mai effettuato il test HIV e il 15% non usa precauzioni per prevenire il contagio. Agli immigrati presenti in Sicilia si sono rivolti i “Cultural assistant counselor” (Cac), mediatori culturali che grazie al progetto sono stati formati sui temi specifici: patologie infettive, HIV ed epatiti, epidemiologia, resistenze culturali e psicologiche, dinamiche e gestione di gruppo, diagnosi precoce, legislazione per gli immigrati in ambito sanitario etc. Gli stessi mediatori hanno migliorato la loro conoscenza su tali argomenti, in quanto in ingresso era nel 57% scarsa, alla fine del corso buona nel 78% dei casi.
I gruppi di sensibilizzazione costituiti grazie all’azione dei mediatori hanno coinvolto 82 soggetti, i quali “a cascata” sono stati impegnati nella sensibilizzazione. «Le differenze linguistiche e culturali – spiega il dott. Mario Raspagliesi, presidente dell’Associazione Terra Amica, dirigente medico di Malattie Infettive dell’Azienda Cannizzaro, nonché responsabile dell’Ufficio Assistenza Stranieri dello stesso ospedale – determinano negli immigrati un’insufficiente conoscenza delle patologie infettive e delle loro modalità di trasmissione e un basso livello di accesso ai servizi sanitari. Condizioni che richiedono un’adeguata modalità di intervento, messa a punto con il progetto Mediterraneo. Le conoscenze e capacità acquisite durante il corso di formazione hanno infatti permesso al mediatore di sensibilizzare gruppi di immigrati e utilizzare le informazioni ricevute attivando una rete sociale più ampia. L’attività ha quindi messo in luce la validità di una sensibilizzazione long acting, a lungo termine, all’interno della comunità immigrata».
Il “Cac”, mediatore specializzato nell’ambito della sanità, favorisce così fra gli immigrati l’accesso ai servizi socio-sanitari e la fruizione delle prestazioni, costituendo in tal senso un valido supporto anche alle Aziende e alle strutture del Servizio Sanitario.